Salute e benessere

Insegnare la tolleranza agli intolleranti

La lezione di Pasolini

Ripercorrendo quello che ho pubblicato su Twitter nella giornata del 16 novembre c.a, della giornalista Mannocchia de L’Espresso dove esprime un concetto che condivido appieno relativamente alla parola comunità, in questo articolo voglio esprimere il mio convincimento ad insegnare ai più giovani quei valori fondamentali che sono la tolleranza e il senso della comunità!
Perché al giorno d’oggi mi sembra di vivere in un mondo completamente invaso dagli egoisti su qualsiasi fronte!!
Come trasmettere quei valori che non possono essere insegnati?
La tolleranza, l’amicizia, la democrazia, per essere insegnate, devono infatti essere agite, vissute.

Troppo spesso sento attribuire ai giovani la responsabilità del (presunto) medioevo culturale in cui saremmo ripiombati. I giovani non sono più interessati alla cultura, ma piuttosto al sesso, alle droghe, ai videogiochi e ai social. Inoltre, la frustrazione feroce, e la paura, dei molti precari della scuola, unita all’insoddisfazione dei docenti di ruolo (che hanno visto precipitare negli ultimi decenni il mondo della scuola in un vero e proprio abisso), rendono spesso molto difficile che si produca quell’elemento fondamentale per qualsiasi insegnamento che è, banalmente, un incontro tra chi insegna e chi impara.
Questo aspetto dell’insegnamento è infatti totalmente abbandonato alle doti “individuali” del singolo insegnante, mentre è invece l’unico che meriterebbe di essere coltivato attraverso una vera formazione.
Come insegnare la tolleranza e il senso di comunità a qualcuno che avvertiamo – e che avverte l’insegnante – come un avversario, o come un peso? Come far nascere il desiderio di sapere in qualcuno che vede l’insegnante come un censore o, nel migliore dei casi, come un esaminatore?
Queste domande non sono affatto “filosofiche” o retoriche, perché senza desiderio di sapere si può tranquillamente stare sei ore al giorno sui libri e non ricordare nulla. Il desiderio di sapere non si scopre come una qualsiasi nozione, è piuttosto qualcosa che ci investe per imitazione, per infatuazione e che ci viene trasmesso – o meglio ancora viene stimolato in noi – da chi svolge nei nostri confronti un autorevole ruolo di “cura”, di “alleato” o semplicemente di amico. Quando un genitore o un insegnante si lamentano perché il ragazzo non studia o non si comporta bene, non dovrebbero rinunciare a porsi anche la scomoda domanda: “Cosa sto sbagliando io”?
Che gesto curioso, quasi inaudito, sarebbe se il professor Rossi – pur ricoprendo una posizione di potere – rinunciasse a imporre con autorità la propria visione del mondo.
Non possiamo sottrarci dall’incontro, dall’ascolto. Che si tratti di un allenatore, un politico, o di un genitore che trovi il coraggio di sospendere alcuni dei suoi valori più radicati per mettersi in ascolto di un momento difficile vissuto dal proprio figlio, il punto rimane sempre lo stesso: per potermi trasmettere il tuo sapere , qualunque esso sia, tu devi prima aver saputo far nascere in me il desiderio di accoglierlo. Ma per poter fare questo io devo non soltanto amare, incarnare davvero (nei miei gesti, nella mia quotidianità) quello che ti insegno; ma devo anche imparare ad amare te al quale lo sto insegnando. Dove “amare“, al riparo da ogni buonismo, non significa altro che rinunciare a fare il tuo bene a immagine del mio. Significa cioè, in una parola, proprio imparare ad ascoltarti.
💫 Bye EveryOne 💫

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