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La Narco Economia

La Narco Economia

Secondo le stime dell’Onu, 1.000 tonnellate di cocaina escono ogni anno dai Paesi produttori.

Per le statistiche, fanno uso di coca almeno 21 milioni di persone nel mondo, 13 in Europa. 1 milione in Italia.

Dovunque vada, la polvere d’angelo imbianca e corrompe tutto ciò che riesce ad avvicinare, agganciando a sé, col vincolo della dipendenza o con quello del denaro, qualsiasi categoria sociale: gente comune, professionisti, funzionari pubblici, imprenditori, personaggi dello sport e personalità della politica, a volte anche uomini di governo.

Non esiste al mondo affare più redditizio del narcotraffico: un kg di coca viene pagato in Colombia 1.200/1.500 euro. I grossisti lo rivendono a 40.000 euro.

Ma dove finisce una simile montagna di denaro?

Nell’accezione comune, il riciclaggio è una forma aggravata del reato di ricettazione. Consiste nell’investire i profitti di attività illegali (traffico di droga, estorsioni, tangenti…) in altre attività economiche o speculazioni finanziarie, stavolta legali.

In quali settori finisce quel denaro?

Gli investimenti prediletti restano i beni di lusso e le proprietà nel settore immobiliare. Seguono l’imprenditoria, specie nel settore edile e in quello turistico, la ristorazione e le attività commerciali.
Quando il denaro sporco deve essere investito in altri continenti rispetto a quello di provenienza, un passaggio avviene quasi sempre in qualche località dove il segreto bancario è ritenuto sacro come una religione. Quasi sempre si tratta di micro-nazioni indicate comunemente con un’espressione che ne racchiude la fama: paradisi fiscali.
Le Isole Cayman dove funzionano 435 banche e sono registrate, con tanto di casella postale, 75.000 società, più di quante ne esistano a Wall Street o nel cuore della City.
San Marino è indubbiamente meno esotica delle Cayman, però è vicina, ha una legislazione e un segreto bancario che ancora reggono e dunque per il momento rappresenta un luogo off-shore comodo. Secondo le ultime stime in Italia le somme ripulite ammontano ad almeno 150 miliardi di euro l’anno. Tutti si immaginano un padrino con coppola e lupara che va in banca con una valigetta imbottita di contanti. Invece il denaro neppure viaggia. Lo si appoggia su un conto bancario in un paradiso fiscale. E poi lo si usa a garanzia di un prestito o di un mutuo che verrà chiesto in Italia da un imprenditore amico del boss, in modo che il denaro erogato dalla banca italiana risulti pulito, anche se garantito dal contante sporco. Si chiama “sistema delle fideiussioni”. Quando il trucco funziona, significa che il funzionario di banca è connivente, o quanto meno, non ha esercitato affatto la sua funzione di controllo.
Inoltre, nella nutrita schiera dei riciclatori, un ruolo fondamentale è giocato da una semplice pedina della scala gerarchica: l’intestatario delle ricchezze. Uomini, donne, giovani e anziani che danno in prestito ai gruppi criminali le generalità, il conto bancario, il codice fiscale, in definitiva affittano loro il mero fatto della sua esistenza, diventando ciò che in italiano viene definito “uomo di paglia” o “testa di legno”. Da un lato l’esistenza di questi individui complica enormemente le indagini e permette ai boss di circondarsi di eserciti sterminati di persone, la cui fedeltà all’organizzazione è garantita dal fatto che essa assicura il loro sostentamento.



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